Olbia, Italy, 2014
Se è vero che il Tema in architettura è la forma del luogo (Monestiroli), questo – la Casa in senso lato – non può prescindere dall’Idea di Casa che la Storia ci consegna, in ogni specifico luogo. Come scrive M. Cacciari: "Non si dà pensiero che non sia pensato dalle sue stesse parole. Sapere, che mostra le forme della sua genesi. [Un] sapere indisgiungibile dal rammemorare. [...] Un procedere per tracce [...]." Non solo. Tale riflessione, vuole mettere in luce - verificare - la possibilità di superare l'aporia dello Stile, che si genera tutta nel linguaggio, superando anche qualsivoglia infatuazione illuminista, che escluderebbe una parte del Logos. Si può andare oltre questa aporia, costretti - come siamo - a rimanere nel dominio del Logos? Includendo, nell'idea di superamento, anche il Moderno come linguaggio. Per andare 'oltre', appunto. Un 'oltre' che non può non 'ritornare' alle Origini. E che è, perciò, sommamente Tragico. Si recupera così la dimensione evocativa del luogo, “cercando” le tracce della tradizione architettonica (il suo senso); e soprattutto la capacità della Tradizione di descrivere la storia del luogo, definendola lungo il suo 'cammino'. Si è lavorato perciò, compositivamente, sulla possibilità di mettere in relazione, su uno stesso ‘piano di posa’ (il suolo naturale), due corpi di fabbrica in qualche modo formalmente autonomi, trattati quasi come due personaggi senza alcuna interferenza tra loro, sebbene nella loro unità. L’uno cerca di evocare la ‘chiusura’ verso la Natura (il senso dell'architettura storica), attreverso una composizione ‘per masse’, una certa ‘spontaneità’ nelle bucature dei paramenti; l’altro, invece, si spinge verso una modernità linguistica meno mediata, più perentoria, affidandosi alla perentorietà delle certezze disciplinari, e quindi più costruita, come il Movimento Moderno ci ha insegnato. L’elemento che unisce funzionalmente i due ‘personaggi’ (lo spazio dei collegamenti verticali) è anche quello che li ‘mette in relazione’ dialettica, o se si vuole, genera la ‘crisi’ (Krisis), ovvero l'elemento in cui lo scontro (il Tragico) accade, intendendo la crisi come ‘discorso’, momento di confronto: così ci è sembrato immediato evocare la ricerca Piranesiana, come l’unica capace di guardare alle due esperienze – passato e futuro – in maniera genuinamente critica e soprattutto l’unica che è riuscita a porre le stesse su un piano sincronico nel tentativo di superarle. Dimostrando così la velleità delle ricerche puramente linguistiche alle quali oggi siamo sempre più noiosamente sottoposti. Così due rampe di scale conquistano le varie quote dell’edificio, incontrando ballatoi e passerelle che tagliano lo spazio dei collegamenti, che volutamente viene lasciato scoperto - per non diventare banalmente ‘corpo scala’ – per far passare liberamente la luce zenitale così come si vede nelle ‘Carceri’ del Piranesi. Luce – e ombre – che veicolano il senso ultimo dello spazio del Moderno, che rimane quello dell’apertura verso il ‘dato’ Natura, che non viene più visto come Ente da cui difendersi, ma elemento da inglobare, verso cui tendere cioè, per recuperare la relazione Uomo/Natura delle Origini.