L’«ovvietà» di Achille Castiglioni: Cumano

Redesign e forma necessaria

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 30 Gennaio 2021

Una cosa è ovvia quando risulta essere evidente, di immediata evidenza, e si mostra senza possibilità di equivoci sul piano dell'interpretazione o del giudizio. Le forme degli oggetti d’uso appartengono alla categoria dell’ovvio quando in esse è rintracciabile con chiarezza la causa, ovvero la loro funzione in relazione all’uso. Qui ‘ovvio’ è categoria positiva in quanto risultato di un esercizio di intelligenza necessario – nella percezione dell’oggetto - per decifrare la funzione che deve manifestarsi e leggere nella forma dell’oggetto. Nel giudizio sulla bellezza degli oggetti il presupposto è perciò il nesso funzione/uso; nesso che, una volta decifrato, ci induce a definire e a determinare il nostro giudizio estetico. La legge suprema che governa la sentenza di bello o brutto è la possibilità di rintracciare la necessità di quella forma, che è la reale e unica metafisica degli oggetti. Nel disegnare un oggetto l’ovvio di cui si parla non è un dato di partenza, ma una conquista. L’intelligenza che deve manifestarsi in un oggetto ben disegnato consiste nella emersione del meccanismo logico che ‘spiega’ la forma, la rende leggibile e ne denota il senso. Questo meccanismo vale quindi per il fruitore di un oggetto d’uso e vale anche per chi quella forma deve progettarla. L’intelligenza razionale, alla ricerca del significato delle cose, percorre strade inesplorate al fine di scoprire nuove forme ‘logiche’: alle forme mute – quelle forme che, tutti i giorni davanti ai nostri occhi, finiamo per non vedere più - reagisce mettendosi alla ricerca di un significato ancora più chiaro. Achille Castiglioni (1918-2002), supportato da un metodo progettuale fondato su una programmatica curiosità creativa, nel 1979 ridisegna un tavolino da giardino in lamiera di fine ottocento traducendolo, col nome di ‘Cumano’, in un oggetto nel quale il procedimento logico manifesta la forza della sua ragion d’essere (funzione e uso) e diviene esso stesso costituzione di forma. Operativamente il maestro milanese, senza snaturare l’oggetto proveniente dal passato, lo attualizza traghettando la sua modernità in nuce sino alla nostra contemporaneità: a partire dall’osservazione del suo uso, disegna un giunto, che permette la pieghevolezza del tavolino una volta usato, e un foro sul piano, per comunicare la funzionalità di poterlo appendere al muro una volta usato. Semplificazione costruttiva - adeguamento alla produzione industriale di un oggetto nato in un mondo di artigiani - e dimensione comunicativa con il fruitore dell’oggetto, senza alcuna preoccupazione di ciò che è fuori dal problema posto dall’oggetto stesso, fanno del tavolino Cumano un capolavoro del design del ‘900, simbolo, tra l’altro, di una industria illuminata di cui – con l’ingresso dei gruppi finanziari nel mondo del design - si è persa ogni traccia. Per descrivere il proprio metodo progettuale così si esprimeva Castiglioni, sulla rivista “Edilizia Moderna”, nel 1964: «[..] riscoprire la razionalità originale di certe forme che, proprio per essere state acquisite da sempre nella nostra educazione, finiscono col non essere più messe in discussione. In questo caso capire una forma già nota significa scoprirne il significato, e comunicare questa scoperta significa, in ultima analisi, caricare l’oggetto di una espressività razionale». La bellezza e l’eleganza senza tempo del Cumano mostra la vacuità delle ricerche estetizzanti e formalistiche del design degli ultimi decenni (o il narcisismo dei designer), e dimostra che la vera novitas non può che misurarsi con il significato autentico delle cose.


Didascalie immagini:
- Achille Castiglioni, Cumano (1978).