Gli architetti della Rivoluzione e la rifondazione dell’architettura.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 03 Ottobre 2020

«Tutte le cose che prima erano senza ragione si sono poi adornate di forme e numeri…»: così si legge nel Timeo platonico. Questa sembra essere il profondo portato dell’origine dell’architettura moderna, dagli architetti della Rivoluzione – Boullée, Ledoux e Lequeu, di cui il Kauffmann ricstruì la radice poetica – al Movimento Moderno. È, infatti, con gli architetti della Rivoluzione che la Ragione – illuministicamente - si fa avanti anche nel mondo delle forme. Forme capaci di divenire obiettivo principale della progettazione architettonica, altrimenti sempre più legata alla sola determinazione del calcolo statico (lo spirito scientifico invadeva anche il campo della costruzione architettonica) e della logica costruttiva. Si produrrà infatti, poco dopo, la scissione delle scuole di architettura, avvenuta in Francia nel 1803 con la creazione dell’Ecole des Beaux-art da un lato e l’Ecole des ponts et chassis dall’altro, mettendo a dura prova l’autonomia disciplinare dell’architettura come disciplina unitaria di forma e costruzione. L’apporto di Boullée, Ledoux e Lequeu ha quindi il valore di una rifondazione disciplinare - «l’Illuminismo produce una ricostruzione del corpo generale della lingua architettonica» (G. Teyssot, 1981) -, un punto e a capo che pose le basi della modernità in architettura. Ciò accadde perché, a fronte delle consumate ricerche erudite del mondo Classico (sempre più di dominio dello spirito archeologico), si fece avanti la forza della geometria e delle figure elementari intese come potenti strumenti disciplinari in grado di generare forma (e quindi significato). Una radicale tabula rasa delle interpretazioni e degli utilizzi degli ordini architettonici fin lì succedutisi, a favore di una ‘ars combinatoria’ di forme geometriche pure che privilegiassero il rapporto delle masse e il loro gioco sotto la luce e nell’ombra: «stanco della vacuità e della sterilità delle forme irregolari, sono passato allo studio di quelle regolari…. Esse ci affascinano per la loro semplicità, regolarità, reiterazione» (Boullée). L’obiettivo della Rivoluzione in architettura diviene la intellegibilità delle forme, la costruzione di un sistema di certezze a fondazione di una disciplina che stava perdendo anche il suo necessario ruolo nella società: è sempre di Boullée l’ideale dell’architettura ‘parlante’, un modo per far si che tra segno e cosa non ci fossero slittamenti incongruenti. È la analiticità del processo compositivo, in vista della definizione di ogni singolo tema architettonico e del suo ‘carattere’, che permetterà di rifondare il corpus teorico e pratico che anticiperà il ‘900 («ma qui più che parlare di architettura dovremmo parlare di modo di fare l’architettura, di composizione architettonica, di progettazione». A. Rossi, 1967). Da questa impostazione di fondo deriva un modo di comporre che alla unitaria gradazione gerarchica del Barocco sostituisce un modo di comporre paratattico, per successione, addizione o contrapposizione di volumi chiaramente identificabili nella loro unità e autonomia formale. Nessuna compenetrazione spaziale che cerchi fluidità a discapito della leggibilità delle forme. Questo modus operandi non è astratto dai problemi degli ideali sociali dell’Illuminismo, non è atteggiamento accademico, ma diviene simbolo di quegli ideali: «una sfera, in ogni tempo, è uguale solo a se stessa; è l’emblema più perfetto dell’uguaglianza. Nessun corpo ha, come lei, questa caratteristica capitale» (Ledoux). La forma può divenire simbolo perché è nel simbolo che la forma della cosa «risuona come la cosa stessa». Attraverso la forza del simbolo gli architetti della Rivoluzione, con il loro «razionalismo esaltato», riescono a rifondare l’architettura, mostrano che è solo nella forma che l’idea si dà, e se questo ha anticipato di due secoli il ‘900, è perché ciò aveva la forza della verità.


Didascalie immagini:
- E. L. Boullée, Cenotafio di Isaac Newton, (1784).