Catilina di Luigi Caccia Dominioni

Un trono moderno

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 20 Marzo 2021

La nascita del design industriale si inserisce in un contesto dove le tensioni generate dai nuovi mezzi di produzione finiscono per vincere sul mondo della produzione artigianale degli oggetti d’uso, in ragione non solo della necessità del grande numero, ma anche perché quell’«aura» del prodotto fatto a mano di cui parla Benjamin riesce a tramutarsi, su un piano in questo caso esclusivamente concettuale, nel prodotto seriale costruito dalle macchine. Questo transfert fu possibile per l’irruzione delle categorie estetiche mutuate dalla sorella maggiore delle ‘arti applicate’, l’architettura che finì per impossessarsi di un campo che non era precedentemente di suo dominio. Prima era la sapienza artigiana a determinare la giusta forma, basandosi esclusivamente sulla strettissima relazione tra costruzione e forma; dopo, con l’irruzione delle categorie estetiche dell’architettura nel design degli oggetti, questo necessario rapporto tra costruzione e forma si subordina alla definizione dell’idea. Le pagine di Argan sulla Bauhaus, a proposito della costruzione del metodo che ha codificato le procedure del disegno industriale, hanno chiarito definitivamente come, in cosa e perché questo processo di trasformazione ‘dal fare al pensare’ avesse avuto luogo e si fosse definitivamente affermato. Questo discorso che presupponeva i mezzi di produzione dell’industria finalizzata al grande numero (per la quale esiguità delle operazioni produttive significa giusto prodotto), nella fase della sua affermazione è apparso come egemonizzante, visto come l’unica possibilità di produzione di un oggetto bello e coerente con i tempi. Eppure, per la questione della bellezza la valutazione dei mezzi di produzione entrano nel giudizio solo ed esclusivamente nella analisi del rapporto forma/costruzione. Un architetto che aveva capito questo fu Luigi Caccia Dominioni (1913-2016). Nel 1947 l’architetto milanese, insieme a Ignazio Gardella e Corrado Corradi, fonda un’attività produttiva – con un processo semi-artigianale visto il piccolo numero di prodotti - nella quale far confluire gli oggetti che disegnava ad hoc per i committenti delle case che egli stesso progettava, grazie alla quale realizzerà oltre 150 oggetti di design. La produzione di quegli oggetti, finalizzata a una committenza borghese (Caccia Dominioni era stato allievo di Portaluppi, e ne aveva assorbito la raffinata lezione formale) mostra la sua sofisticata attenzione alla forma, nella quale è totalmente assente qualsivoglia complesso di inferiorità nei confronti della egemonica produzione a carattere industriale. Sebbene dichiarò che «è più difficile progettare un oggetto che un edificio» perché nell’ideare una costruzione si è in possesso di regole costruttive obbligate che sostengono e insieme limitano la fantasia (Crippa, 1996), Caccia Dominioni non ha mai disegnato un oggetto che non mostrasse come nel processo formativo fosse indispensabile tenere conto del suo aspetto costruttivo. La sua modernissima eppure antica sedia Catilina (non è un caso che il nome si riferisca a un senatore dell’Impero Romano), realizzata in ferro forgiato, verniciata a fuoco in ‘grigio Renault’, consiste in un tripode composto da tre tondini tubolari (di ordinaria produzione industriale) che regge un piano in legno ovale, laccato lucido, su cui poggiare un cuscino per la seduta. I tre tubolari in metallo sono tenuti insieme da una piattina di forma ovale alla base e da una piattina sempre in metallo che, all’altezza dello schienale, assume le deformazioni necessarie per permettere la comodità della seduta, e finisce con una leggera piegatura che, oltre a manifestare l’atto della piegatura della barra metallica, ricorda i parapetti delle cosiddette ‘case di ringhiera’ milanesi. La logica formale di Caccia – in oggetti come il tavolo Cavalletto, le sedute Nonaro, la bellissima lampada Monachella, il divano Toro - non abbandona mai la necessità di rintracciare il necessario equilibrio tra nuovo e antico, arricchendo l’idea formale, legata alla costruzione dell’oggetto, con rimandi metaforici che considerino ciò che è dietro alle forme stesse, come ineluttabile dimensione del linguaggio tout-court, che non può mai concludersi in sé stesso.


Didascalie immagini:

- La sedia Catilina di Luigi Caccia Dominioni, 1957.