Ritorno alla Natura: il Cabanon di Le Corbusier.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Domenica, 18 Ottobre 2020

L’architettura moderna è figlia dell’idea che si possano rintracciare delle costanti nei comportamenti umani così da permettere, attraverso l’individuazione delle funzioni, anche la loro prescrizione; a partire da ciò sarà possibile realizzare una prefigurazione migliorativa della vita dell’uomo. D’altra parte, se non c’è preventiva proiezione di un modello di vita, non c’è progetto. Il problema sotteso alla possibilità di prefigurare un avanzamento delle condizioni dell’abitare rimane sempre il rapporto uomo-natura. L’idea di vita prospettata dal Moderno è una piena adesione alla Necessità, attraverso l’esatta definizione delle funzioni necessarie a vivere bene. Un approccio antropocentrico per il quale in molti casi (non i migliori) la funzione diviene funzionalismo, perdendo così per strada l’altro termine della relazione: la natura. In questo senso perciò il Moderno sta nel campo del possibile e del necessario: possibile è ritenuta la prefigurazione di un’idea di vita che migliori lo statu quo; necessario è tutto ciò che può definirsi a ‘misura d’uomo’ (funzionale). Anche il contemporaneo, schiacciato dalle maglie del linguaggio della tecnica, ha dimenticato che possibile, necessario e natura hanno la stessa identità («la Natura è l’identità di Possibile e Necessario», Deleuze, 1978), ovvero che la Natura è disegno unificante in cui è compreso anche l’uomo. In quanto natura, l’uomo si distingue per la sua capacità di distacco (contemplativo) che gli premette di scalare le vette della trascendenza e del pensiero, così da poter acquisire la coscienza dell’essere anch’egli una parte e non un assoluto, parte di un Tutto. Questa coscienza di essere parte della Natura si manifesta in maniera evidente nel progetto del Cabanon di Le Corbusier (1952), il suo ultimo progetto redatto «in tre quarti d’ora», realizzato sulla collina di Cap Martin, a picco sul mare, tra Menton e Monaco in Costa Azzurra. La piccola costruzione in legno (prefabbricata), di circa 15 mq, può ritenersi non solo la Summa della sua ricerca, ma anche una sua riflessione critica: basata sul Modulor (sistema proporzionale di rapporti aurei e serie di Fibonacci) da lui stesso ideato nel tentativo di determinare e individuare con esattezza le funzioni dell’abitare, evidenzia – come un rasoio di Occam – la necessità di scegliere sempre la soluzione meno complessa. Nei suoi precedenti progetti, figli di una macchinolatria tipica del moderno degli albori, aveva già utilizzato il cartesiano Modulor come sistema regolatore (alla stregua dell’uomo leonardesco), ma a Cap Martin ciò che accade è il capovolgimento del nesso uomo-natura in uomo-come-natura (Deleuze direbbe il “divenir-animale”), cioè la coscienza del suo esser parte di un Tutto. Dopo i suoi innumerevoli progetti per la dimensione sociale (e borghese) dell’architettura, Le Corbusier progetta il suo ultimo rifugio ritornando a un corpo a corpo diretto con la natura: le sue famose foto in cui si fa ritrarre a Cap Martin in giochi corpo a corpo col suo cane, evidenziano il suo passaggio da soggetto a oggetto ‘della’ natura. All’interno del Cabanon le diverse aree funzionali (soggiorno, servizi, letto), posti con grande misura lungo il perimetro dello spazio, lasciano libero lo spazio al centro; ogni arredo viene definito nella sua funzione e in relazione allo spazio (il letto diventa un armadio, il lavabo è posto su una parete che scherma l’area funzionale retrostante, ecc.). Qui davvero «la sostanza è assoluta necessità, è incondizionata affermazione d’essere» (Deleuze). Ed è proprio quella sostanza-necessità che permette di guardar fuori (di sé), guardare al Tutto paesaggio-natura che è fuori dal Cabanon, ma nel quale si è parte integrante e non separata. Una prefigurazione di vita ridotta all’essenziale, una riconquista della dimensione animale dell’uomo per toccare – vicinissima – la dimensione vera dell’uomo, ben oltre le convenzioni sociali che intasano le reali percezioni delle cose: «Nascondersi: solo così si è filosofici, solo così ci si comporta da animali» (Nietzsche, 1889).


Didascalie immagini:
- Le Corbusier nel Cabanon (1952)