Modelli e Maestri

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Domenica, 22 Novembre 2020

Il concetto di Modello riporta, per analogia, a quello di Maestro. Nella nostra civiltà contemporanea sono stati messi al bando entrambi a causa di uno scellerato transfert che ha visto il sovrapporsi del principio di novità a quello di ‘nuovo’. È nella struttura costitutiva dell’architettura affrontare il corpo a corpo con il tempo, con la dimensione del caduco, nel tentativo di non essere divorata dalla Storia e scansare le sue collocazioni. Se la continuità con gli antichi (antichi intesi come modelli) si fonda sulla reale possibilità di proseguire il loro cammino in vista di una conoscenza più profonda (non si parla qui di linguaggio, forma, ma di princìpi); se «l’uomo non compiva atto pratico o morale, che non fosse il riflesso di un atto esemplare collocato nel repertorio dei modelli» (Savinio), la dilagante necessità del ‘nuovo’, nel contemporaneo, è volontà di rottura con tale principio, volontà di rottura con i modelli e abiura dei maestri. Eppure l’erotismo della novità è illusione di pseudo-libertà. Ogni opera architettonica – o d’arte in genere - instaura un rapporto con la tradizione che attiene alla conoscenza dell’oggetto architettonico e mai alla pura invenzione fine a sé stessa, e questo riguarda anche l’edificio più cosiddetto ‘innovativo’, data la inevitabile esigenza di leggibilità delle forme, e quindi il suo rientrare in un codice interpretativo stabile. Tutti i grandi del passato si sono riferiti a modelli precedenti: anche le avanguardie, gli innovatori, hanno sempre fatto i conti con i modelli, assunto a maestri gli architetti del passato; chi ha reciso la continuità con l’autorità dei modelli, chi si è sentito Prometeo, demiurgo, illudendosi di avere autonomia rispetto ai modelli precedenti, ha finito per essere divorato dal tempo. È possibile rintracciare modelli anche in quelli che sono ritenuti promotori della discontinuità con il passato: Nietzsche in filosofia, il più libero di tutti, aveva modelli, non foss’altro che per le sue parafrasi bibliche utilizzate come principio di autorevolezza sotteso all’avvento del nuovo; Wright, in architettura, il più libero dalla Storia, aveva come modello la Natura, e si potrebbe continuare per ogni epoca e argomento; andando più indietro, Leon Battista Alberti aveva indicato, nel De Pictura, che la conoscenza passa per i modelli: «queste tutte cose si conoscono per comparazione. […] e fassi comparazione in prima alle cose molto notissime». Naturalmente più si va indietro nel tempo, cioè più ci si avvicina al mondo classico, e maggiore è la forza dei modelli. La rarefazione di questi in epoca moderna, o meglio la loro invisibilità, ha disorientato molti, al punto da fare credere che fosse possibile un ‘punto e a capo’, agevolando una sorta di fanatismo dell’Io-architettonico che è davanti agli occhi di tutti. L’altare su cui compiere i sacrifici alla libertà dai modelli è quello della Tecnica, nella sua coniugazione a tecnologia: è la sua volontà di potenza che, permettendo (quasi) tutto, ha dato l’illusione del ‘liberi tutti’, togliendo all’uomo il controllo delle forme. Ma l’adesione al principio utilitaristico, che domina quello della novità (nel senso che abbiamo dato a questo termine) è la cancellazione di qualsiasi aspirazione all’alto, che è anch’esso croce e delizia dell’uomo. I modelli immortali, i Maestri, sono la stabilità necessaria all’uomo per potersi spingere in avanti. La ragione degli edifici è lì, sempre uguale a sé stessa e non può non considerare «il confronto costante con un più alto destino, come per una costante promessa di immortalità» (Savinio).


Didascalie immagini:
- Il Parlamento di Le Corbusier a Chandigarh (1952-65) e l'Altes Museum di Schinkel a Berlino (1828).