Mies e il corpo dell’architettura.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 1 Agosto 2020

Ciò che si realizza nell’opera architettonica, in quanto opera di pensiero, è già-accaduto nel pensiero della sua ideazione. L’idea di architettura anticipa quanto poi sarà ‘corpo’ nell’architettura. Il corpo dell’architettura non può che essere la costruzione, dovendo l’idea stessa essere espressa, manifestarsi, per poter essere. L’idea di una architettura prende forma selezionando, eliminando, cercando e tentando di definire la forma maggiormente rispondente alla cosa pensata, tentando cioè di ripresentare se stessa e la sua ‘natura’ attraverso la forma/corpo. Per un elemento verticale con funzione di sostegno, per esempio, la riflessione considera non solo la sua funzione (la natura di quell’elemento) ma anche la necessità di esprimere, attraverso la forma e per il tramite dell’atto costruttivo, anche la precisa funzione del sostenere: non tutte le forme possibili la esprimono. Una colonna mette cioè in luce proprio questa duplice natura di essere sostegno funzionale ed espressione di quella funzione. La Tecnica, oggi, può (quasi) tutto ma non tutto ciò che la Tecnica può è sempre architettura. La colonna Classica era composta da parti - basamento, fusto, capitello - che ‘dicevano’ le funzioni a cui erano destinate e quindi la loro ragion d’essere. La loro misura, le proporzioni, e le relazioni tra le parti, erano poi in grado di determinare il carattere dell’edificio. E’ per questa ragione che nacquero gli stili Dorico, Ionico, Corinzio, ecc., ma la colonna rimane, nella sua essenza, una ‘portatrice di forze’. Da questa prospettiva la questione degli stili diviene complementare, riguarda cioè il carattere dell’edificio ma non la natura essenziale dell’elemento ‘colonna’. Fondativa è la natura dell’elemento e quindi il problema della sua forma in relazione alla funzione che assolve. Il piano del giudizio estetico si sposta da valutazioni soggettive a questioni essenziali; la questione della bellezza assume così una nitidezza che restringe il campo degli spazi interpretativi che alimentano la visione soggettiva della bellezza (la tanto fraintesa questione del ‘gusto soggettivo’!). Questo è il piano di giudizio sul quale leggere la ricerca della giusta forma dell’elemento di sostegno verticale operata da Mies van der Rohe in tutti gli anni della sua attività. «Mies cerca le forme della colonna che siano espressive dell’identità di quell’elemento. La colonna di acciaio manifesta la sua funzione del portare così come la colonna classica, attraverso un’espressione di robustezza. Le forme sono diverse ma la loro qualità espressiva assolutamente analoga.» (Monestiroli, 2013). Così facendo, Mies dà luogo a un paradosso: radica profondamente, grazie all’uso dei nuovi materiali (l’acciaio), la ‘sua’ colonna nello zeitgeist (spirito del tempo) e contemporaneamente la toglie dalla Storia. Nessuna concessione a storicistiche e corticali forme narrative, ma luce sulla cosa in sé, manifestazione diretta della ‘funzione del portare’. Per analogia con la pittura, intesa qui come l’arte che tenta di captare le forze dietro alle forme, Mies sta alla storia dell’architettura come Cezanne sta alla storia della pittura. Cezanne, con il suo famoso «trattare la natura secondo il cilindro, la sfera e il cono», nel dipingere una mela cercava con la pittura di portare sulla tela il ‘corpo della mela’. A fronte della ricerca degli Impressionisti, che cercavano di cogliere il senso delle cose attraverso le impressioni di luce e colore, Cezanne riuscì a definire «l’essere melesco di una mela» (D. H. Lawrence, 1991). Sulla stessa linea analitica, per le sue opere Francis Bacon diceva che intendeva «dipingere il grido più che l’orrore» (1991), ovvero non l’orrore che produce un urlo (rappresentazione…) ma il grido stesso: «non appena c’è orrore, si ripropone una storia, [e] il grido è fallito» (Deleuze, 1981). E’ la ricerca della intellegibilità della cosa la sostanza di tutte le arti.


Didascalie immagini:
- Colonna Dorica (Da Il Vignola, 1562) e Mies van der Rohe, Colonna per l’Edificio Bacardi, 1960.