Sorrento: Villa von Saurma di Morassutti.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 20 Giugno 2020

Il senso profondo dell’architettura del moderno è rintracciabile nel modo di guardare le opere del passato. Sguardo che non possiede piglio imitativo dei linguaggi utilizzati (sarebbe formalismo), ma che cerca in esse l’origine e quindi il destino delle cose “in se stesse”. E’ una visione, questa, in cui la temporalità non influenza, nella definizione dell’essenza della casa, il tema architettonico (casa, edificio collettivo, edificio pubblico, ecc). la ricerca di quell’essenza della cosa non procede sulla linea orizzontale del tempo (Chronos) in cui la contingenza influenza le forme ma guarda all’opera come a un istante senza durata (Aìon). E’ in relazione a questo orizzonte che si danno opere paradigmatiche la cui validità supera il ‘loro’ tempo. In realtà, se si danno Maestri in architettura, si danno in ragione della capacità di talune opere di ‘toccare’ il senso del costruire di quel determinato spazio in relazione con l’origine; il loro grado di approfondimento, cioè, è tale al punto da riuscire a raggiungere il significato del tema architettonico e a ri-manifestarlo in tutta la sua forza. L’opera architettonica è quindi, sotto questa luce, una variazione che anela a ri-creare – nella sua forma – l’origine di quella necessità costruttiva, facendone emergere la sua natura, la sua verità e il suo statuto. Così facendo, l’opera realizzata diviene un contributo alle forme stabili dell’architettura. E’ questo il caso della ricerca sulla casa: la sua ragion d’essere – in questa prospettiva – è quella di costruire un riparo, porre sotto un tetto il mondo della vita (la Lebenswelt di Husserl). Ci sono tante architetture che manifestano questa essenza della casa: la villa ‘von Saurma’, progettata a Termini di Sorrento da Bruno Morassutti nel 1962, va letta in questa prospettiva. La casa si trova in una condizione orografica per la quale le tradizionali murature a secco, a sostegno dei terrazzamenti, manifestano un fare antico e sono segni arcaici nel paesaggio naturale. Ma il sistema dei muri di contenimento del terreno non sono solo una necessità funzionale, ma anche architettonica: essi divengono podio, basamento, elemento architettonico su cui poggiare l’architettura. Morassutti, a partire da ciò elabora una architettura fondata sulla dialettica tra i due modi del comporre che generano l’architettura: quello stereotomico (composizione per masse e/o volumi) e quello tettonico (composizione per elementi discreti). In dialettica quindi con la presenza del basamento, articolato in funzione dei terrazzamenti e diviso in due da una scala di collegamento che si arrampica sul declivio naturale, poggia su di essi due strutture ipostile, ovvero due ‘ripari’ sotto i quali organizza gli spazi funzionali dell’abitare. I ripari hanno la forma di un tetto piano, il cui intradosso è a forma di vela, poggiato ognuno su quattro sostegni cilindrici (a colonna); il fronte verso il mare, chiuso da una grande vetrata, ha uno sbalzo più accentuato degli altri aggetti perché si lancia verso il paesaggio su cui si affaccia. Sotto i due tetti, Morassutti posiziona i volumi delle stanze in forma di recinto che separa lo spazio esterno-natura dall’interno. Nessuna muratura arriva al tetto: la copertura a vela degli spazi della casa si vede sempre interamente. Le architetture, su questa via, divengono “operazioni simboliche dirette verso l’avvenire ma tali da simbolizzare il passato in simboli nuovi, da ‘raccontarlo’ sempre di nuovo. Non è il passato che esiste nel presente, ma la possibilità di ‘ripeterlo’ in simboli nuovi che ne conservino il volto scomparso”. (Paci, 1951).


Didascalie immagini:

- Morassutti - Villa von Saurma - Sorrento, 1962.