Persico, ovvero l'astrazione in architettura.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 25 Aprile 2020

Ci sono esperienze architettoniche in cui si palesa una forte tensione all’astrazione: ciò accade quando l’opera manifesta la sua dimensione ontologica, cioè quando nelle cose appare con evidenza il loro essere-logico. Quello è il ‘luogo’ più vicino al cosiddetto «essere» della cosa architettonica, alla più diretta e im-mediata espressione dell’idea che la sottende. L’essere-logico è ciò a cui tende ogni architettura, perché l’architettura è governata dalla necessità e la necessità, per essere, è nel dominio della logica. Il fare cerca di tenere salde realtà fenomenica e astrazione logica, contingenza e necessità. Tutte le esperienze che contrastino questo fondamento sono deviazioni da ciò che è il proprio dell’architettura, dall’ «essere» della cosa architettonica. In architettura, agire e concezione della cosa - fare e pensiero - devono essere indissolubilmente connessi; per raggiungere il luogo dell’astrazione, ovvero quel luogo ove si è più vicini all’essere della cosa, è necessaria una calcolata essenzialità formale. Un profondo realismo deve tenere perciò insieme l’oggetto architettonico e le sue leggi, in vista di quella «eccedenza» che è il dire delle cose che anelano alla bellezza: il visibile deve cercare di ‘toccare’ il non-visibile. In questa direzione i progetti per gli allestimenti dei due negozi Parker a Milano (1934) e per il Salone d’onore per la VI Triennale di Milano (1936) dell’architetto Edoardo Persico (1900-1936), con Marcello Nizzoli, sono tra i punti più alti raggiunti dall’architettura italiana nel ‘900. La materia viva che il poliedrico intellettuale napoletano - milanese d’adozione e autore di Punto e a capo per l’architettura, 1934 e Profezia dell’architettura, 1935 – mette a fuoco nei due negozi Parker a Milano è lo spazio nella sua fluida dimensione fenomenica, nella moderna accezione architettonica di spazio aperto-apeiron. Una raffinatissima sottrazione formale dà forma a elementi ridotti alla loro quasi dimensione grafica (esilissimi tubolari quadrati verniciati di bianco e di nero), in cui le leggi della gravità raggiungono un equilibrio di forze ridotto a pura tensione. Solo Franco Albini farà di più. È epifania del pensiero che diviene realtà, sintesi estrema tra logos e tèchne. In questa tensione all’astrazione, la funzione quasi scompare, l’architettura si coniuga solo con i suoi predicati, senza alcun aggettivo, ed è in questa metafisica che la ricerca del Razionalismo architettonico trova in Italia la sua più alta traduzione, ai limiti di un trasparente lirismo. Nel Salone d’onore per la VI Triennale di Milano è il ritmo di esili, stretti e alti diaframmi verticali separati tra loro da vuoti ancora più stretti, quasi come l’evocazione di un colonnato - lungo il perimetro di una sala rettangolare a ricoprimento delle finestre dell’involucro architettonico preesistente - manifesta nella sua vera essenza l’idea metastorica del Classico: ritmo, misura e proporzione sono gli strumenti che ordinano lo spazio-apeiron. Per questo allestimento, che contiene la ‘Vittoria’ di Lucio Fontana, viene scelto di omettere anche la porta di accesso (si passava tra i diaframmi, in uno spazio assoluto), generando un continuo spaziale dove l’astrazione è estrema, quasi a voler tentare di ‘toccare’ la dimensione metafisica dell’«armonia invisibile, non apparente a cui il finito, nel suo stesso limite, accenna». Persico non vide mai la realizzazione della Sala alla Triennale, ma aveva scritto: «non è tempo che la Verità appaia come la legge della Bellezza e che tutte le cose trasfigurino in essa?».


Didascalie immagini:
- E. Persico, il negozio Parker e il Salone d’onore della VI Triennale a Milano