Livio Vacchini e l’inizio dell’architettura.

Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"

Pier Giuseppe Fedele | Sabato, 13 Giugno 2020

Nell’idea di architettura dello svizzero Livio Vacchini c’è una cosa che risuona sempre ad ogni occasione di progetto, quasi a potersi configurare come il destino di ogni architettura, dell’Architettura tout-court: «C’è un inizio e da allora ogni opera deve confrontarsi con tutte le altre, entra nel mondo, diventa ciò che è. […] Così l’origine non manca mai di tornare. E’ come se l’inizio rendesse possibile il fatto che ogni volta si deve reiniziare; come se superando le origini si tornasse sempre a un atto iniziale.» (Masiero, 2007). E’ questo il profondo senso della conquista della modernità, la possibilità di definire un metodo per fondare la ricerca architettonica risalendo all’atto formativo iniziale e alla sua struttura logica. Il trilite, uno dei primi atti costruttivi dell’uomo, possiede questo carattere logico che è legato alle esigenze della costruzione ma è, contemporaneament, riflesso del dato rappresentativo di quell’atto (il termine architettura è composto da due parole: archè e tecton...). L’ordine logico necessario affinché il sistema trilite possa funzionare è anche ordine razionale, proiezione nella materia di una astrazione che avviene a-priori rispetto all’esperienza del costruire: il risultato finale di quella operazione è rappresentazione di quell’a-priori. Con analogo approccio, Vacchini si accosta alla composizione delle parti che compongono i suoi manufatti. L’ordine che governa l’insieme è lo spazio architettonico risultante dagli atti costruttivi, nella loro reale essenza. La funzione prima di uno spazio, archetipa, è quella di costruire un tetto, un tetto ‘portato’ da una struttura. Questo sistema (gli elementi e le parti della costruzione e l’atto del ‘portare’), così come nel trilite, si fonda sia sulle esigenze legate al fatto costruttivo, sia sulla necessità di rappresentare quell’atto, cioè quell’ordine razionale che – nell’ottica di rimanere fedeli alla cosa – deve manifestarsi attraverso la forma. Per questo, nel Municipio di Nizza (2001, con Silvia Gmur, non realizzato), nella Palestra di Losone (1995-97), nell’edificio per uffici e commerciale ‘La Ferriera’ di Locarno (2000-03), il sistema costruttivo diviene architettura proprio perché ciò che si manifesta non è solo l’atto costruttivo, ma anche la precisa relazione con la dimensione rappresentativa dell’atto del costruire, il portato archetipico allusivo di quell’Inizio dell’architettura che si ripete ogni volta che si costruisce uno spazio architettonico per abitare, all’infinito. Tra le definizioni di architettura che più corrispondono a questa idea di architettura, quella di Schelling è la più aderente: «l’architettura è rappresentazione di se stessa in quanto costruzione rispondente a uno scopo.» (Schelling, 1802). Architettura nella quale, nella coincidenza delle necessità logiche della costruzione con l’ordine razionale di quella volontà, risuona l’Inizio; un inizio che tenta di mostrarsi nella singolarità dell’opera architettonica. Vacchini, nella ricerca del fondamento ‘logico, comprensibile, trasmissibile’ che è immanente alla ideazione dell’architettura, aveva però precisato – in un suo piccolo ma preziosissimo libro intitolato ‘Capolavori’ (2007) -, che «la verità non è qualcosa che si può conoscere a priori, è solo una verità conseguita», sottolineando così che la ricerca di una risposta ai problemi posti dai temi architettonici non ha mai fine, essendo mai definitiva. Per questo, a proposito del Partenone, nello stesso libro, scrisse: «Ogni opera è quindi un avvenimento nuovo e allo stesso tempo una soluzione data a un problema antico. L’architettura è la storia di molte domande: le sue, da sempre.»


Didascalie immagini:

-  Livio Vacchini - Palestra a Losone, Canton Ticino - Svizzera, 1997. Schizzi prospettici e pianta.
- Livio Vacchini - 'La Ferriera' a Locarno, Canton Ticino - Svizzera, 2003
- Il trilite di Stonehenge, 2500 a.C.