Articolo per la rubrica "L'architettura dopo la Storia" per "il Quotidiano del Sud"
La filosofia e l’arte appartengono allo stesso motore che muove l’uomo a cercare i significati della realtà. Attraverso quetse due strade l’uomo ha tentato di raggiungere l’archè oltre il visibile. Questi “semplici predicati”, come li definiva Giorgio Colli, sono mezzo per superare ciò che è espresso nella realtà e raggiungere la vera conoscenza. Nell’indefinito spazio esistente tra ciò che è espresso e l’inafferrabile archè si nasconde quello che, sempre Colli, definì «il fremito della vita». Eppure, quel fremito della vita – che è conoscenza pura - passa attraverso il visibile, e non si può fare a meno di rintracciare il sistema d’ordine (la struttura) che sostiene le sue forme e che ci permetta così di comprenderle. Ecco perché si può affermare che ogni forma possiede – e deve possedere - un sistema d’ordine che la sostiene. Anche in architettura è così: la legge che governa il sistema d’ordine che struttura le forme è la legge della Necessità. Questa obbliga a rintracciare i ‘nomi’ delle cose attraverso un procedimento di liberazione dei fenomeni dalla contingenza, sempre caduca perché legata al tempo. Più i ‘nomi’ trovati sono chiari (ovvero si chiariscono) e più la conoscenza delle cose è profonda. Questo è l’oggetto dell’architettura: rintracciare, con la maggiore esattezza e chiarezza possibile, il ‘nome’ (ovvero il significato) della cosa, elemento architettonico, edificio o città che sia. I tracciati regolatori, il mezzo più potente nelle mani dell’architetto, nonostante la loro invisibilità nell’opera costruita, sono il modo fondamentale per strutturare la forma, per sottendere un sistema d’ordine con l’obiettivo di definire il ‘nome della cosa’; sono, come scrisse Le Corbusier «matematica sensibile». In sé, il tracciato regolatore non è ancora architettura, e nessuna architettura può definirsi bella solo per l’uso di qualsivoglia tracciato regolatore. Ogni civiltà è fondata sul concetto che solo ciò che è misurabile è conoscibile: il tracciato regolatore è indispensabile via per la conoscenza e la intellegibilità della forma: anche l’architettura più informale (qualora mai potesse essere fondata tale definizione per l’architettura) nasconde sempre un sistema di controllo generatore, legato al ‘suo’ sistema d’ordine, imposto dalla legge della necessità. Il tracciato è struttura della chiarezza della forma proprio perché, nel lavoro di composizione di una forma architettonica, separa il necessario dal contingente. Sezione aurea, canoni, serie di Fibonacci, moduli, rapporti tra misure o griglie, sono – dall’antichità sino ad oggi - struttura del significato delle forme architettoniche, sono l’universale che si fa spazio nella temporalità. La forma così intesa diviene rievocativa di ciò che era unito nell’archè, ovvero prima che il Tutto si traducesse nella frammentazione del Reale. Il lavoro che, attraverso i tracciati regolatori, la Ragione compie nel disvelamento della giusta forma, ovvero nel disvelamento del ‘nome della cosa’, la sua matematica severità è un cammino che combatte e attraversa la Necessità (non potendola mai negare), ma che ha come obiettivo quello di oltrepassarla. Solo a queste condizioni si può cogliere quel «fremito della vita», natura intrinseca della Bellezza, rendendolo permanente.
Didascalie immagini:
- Tracciati regolatori: L. B. Alberti (1503) e Le Corbusier (1927).